Domanda:
Quanti di voi pensano che l'omessualità è una maliattia?
boymiki
2006-07-29 13:14:27 UTC
Quanti di voi pensano che l'omessualità è una maliattia?
Dieci risposte:
dike88
2006-07-29 13:19:07 UTC
malattia è solo il pregiudizio e l'ipocrisia!!

nn conosciamo ancora bene quel mondo, è per questo che molti lo temono..

speriamo che qualcosa cambi!! :D
imad masannat
2006-07-30 06:33:59 UTC
Non so perché ma omosessualità e la cosa che non sopporto sentirne parlare!!mi fa schifo!!anche se capisco che non e colpa degli omosessuali ma non posso neanche vederli!!Nel mio piccolo cerco di essere coerente ed un buon cristiano ma nessuno e esente dagli errori,non sopporto omosessualità :si e una malattia ed anche di Più..un morbo..

che dio mi perdoni ma gli omosessuali mi fanno schifo!!
2006-07-30 12:46:39 UTC
PARLARNE E' D'OBBLIGO







Ottobre 1991. E' ufficiale. Alcune scuole superiori hanno accettato il corso di educazione sessuale per i ragazzi delle classi quarte. Quali scegliamo, tra i tanti argomenti possibili? Intanto in classe si va in due, un operatore per l'area sanitaria e uno per quella psicologica. Quindi parleremo di anatomia, di fisiologia, di relazioni, sentimenti, emozioni, di contraccezione... di cultura. Manca qualcosa?



Di omosessualità vogliamo parlare? Ma è ovvio. Non si può tacere su argomenti cosi' scottanti. Gli omosessuali vivono con noi, non su un altro pianeta. Certo non si distinguono per l'atteggiamento esteriore, non sono i travestiti, ne' i transessuali.



Non è la condotta che definisce l'omosessuale, il coito anale non è la pratica più diffusa, né i contatti orali lasciano trasparire tendenze omosessuali. Questi non sono altro che gli stereotipi più diffusi che occorre smontare. Come reagiranno i ragazzi? Non importa, vediamo come va. Distribuendo un questionario vero/falso su questi temi, vogliamo entrare nel merito, rompere il silenzio, non colludere con una rimozione collettiva.



Siamo tutti teoricamente convinti che educare all'omosessualità significa in fondo educare alla diversità, cioè alla vita, a noi stessi. Ciascuno di noi è infatti portatore di una diversa storia, spesso coltiviamo desideri e aspettative per identità e ruoli diversi da quelli che ci riconoscono e anche nel nostro mondo interno convivono, non sempre armoniosamente, molte diversità. Dunque diamo uno spazio specifico e un contenitore preciso a questo tema anche se solo un 5% di ragazzi, un po' di più le femmine dei maschi, chiede espressamente di trattarlo nei corsi di educazione sessuale. Dai questionari di verifica, distribuiti dopo il corso, scopriremo che il 7,5% di essi lo segnala tra gli argomenti più interessanti , anche se solo il 3,7% dichiara di volerlo approfondire.







OMOSESSUALE E' BELLO







Gli Indiani Crow chiedevano agli omosessuali della tribù di tagliare in certe circostanze l'albero sacro e tra gli Yuki era loro affidato il compito di insegnare ai giovani le tradizioni del gruppo: erano quindi tra le persone più stimate e importanti. Nell'antica Grecia questo comportamento era molto diffuso ed accettato, anzi era considerato aristocratico ed associato alla ricchezza e alla cultura. Molti maestri e allievi erano legati da questo tipo di rapporto. Socrate e Platone erano omosessuali, così come altre grandi figure della storia: Alessandro Magno, Giulio Cesare, Leonardo da Vinci...



Il simbolo del tao può essere un'interessante metafora delle parti più "maschili", attive o di quelle più "femminili", passive che prevalgono e si intrecciano diversamente in ognuno di noi, al di là del nostro essere maschi o femmine. Freud ha parlato di una predisposizione bisessuale innata in ogni essere umano, che prende poi una determinata direzione per influenza dell'ambiente e dell'apprendimento. Molte persone che si dichiarano eterosessuali possono avere avuto nella loro storia fantasie e momenti di omosessualità e viceversa. E via di questo passo: l'omosessualità è sempre esistita, in alcune società aveva anche un particolare significato culturale e sociale, molti personaggi importanti sono stati omosessuali.



All'inizio del nostro lavoro ci siamo fatti un po' ansiosamente carico di dissodare un terreno, non poi così sgombro, con una valanga di informazioni di tipo storico, sociologico, antropologico e transculturale. Inoltre abbiamo fortemente evidenziato l'importanza di non dare e darsi etichette premature, sottolineando come in adolescenza sia possibile una fase in cui ancora i giochi non sono fatti rispetto all'orientamento sessuale, essendo frequenti sperimentazioni a scopo identificatorio. Erano rassicurazioni forse un po' troppo enfatizzate, un po' troppo sollecite nel delineare quasi uno "scampato pericolo", che rischiavano anche di essere incongruenti rispetto al nostro scopo: gli omosessuali esistono e sono sempre esistiti, non sono delinquenti né malati, vanno rispettati, ma quasi sicuramente non siete voi e non siamo noi. L'obiettivo era quindi prevalentemente informativo-pedagogico così come si potrebbe insegnare l'esistenza e il rispetto per le persone di altre razze e culture. Ci stava molto a cuore far capire ai ragazzi che la sessualità omosessuale è una "variante" e non una "devianza" rispetto all'eterosessualità, così come la definizione dell'O.M.S. sottolinea. Questo aspetto era da noi molto valorizzato ed "esibito" anche perché forse frutto di un certo percorso per alcuni e per il gruppo nel suo cammino di formazione comune.



Anche nel nostro lavoro con i docenti siamo partiti da una tendenza a sottovalutare la problematicità del tema, come se la derubricazione da parte dell'O.M.S. avesse anche cancellato il problema, come se cambiare linguaggio potesse automaticamente voler dire cambiare atteggiamento. Facevamo emergere, attraverso un questionario, i luoghi comuni più frequenti sull'omosessualità, introducevamo la definizione scientificamente corretta dell'O.M.S., ricordavamo il percorso storico, esponendo poi le diverse teorie sulla sua origine. Davamo poco spazio alle difficoltà e ai problemi personali di ciascuno; veniva fuori soltanto qualche "coraggiosa" presa di posizione, che suonava un po' ideologicamente contrapposta alla nostra.







VICINO O LONTANO?







Dalle verifiche e dai lavori svolti dai ragazzi durante gli incontri, si nota che vicinanza e lontananza, coinvolgimento e distacco sono elementi che permeano continuamente il discorso sull'omosessualità e connotano diversamente le loro opinioni. Una posizione di lontananza e di distacco lascia spazio all'espressione di giudizi valutativi anche molto negativi nei confronti della persona omosessuale, vissuta come diversa ed estranea, come altro da sé, oppure dà luogo a posizioni acritiche o anche parzialmente positive, frutto di mancate occasioni di riflessione su questo tema. Una posizione di vicinanza, al contrario, porta da un lato a sospendere o a rendere più sfumati i giudizi, dall'altro a problematizzare, a entrare maggiormente nella situazione. Ci si identifica con l'altro, si entra in contatto con le proprie ed altrui emozioni. Emergono quindi vissuti di gioia, piacere, passione, ma anche sofferenza, travaglio interiore, dubbi. Lo scambio di opinioni e la riflessione durante gli incontri di educazione sessuale hanno permesso di avvicinarsi di più all'altro, di comprenderlo meglio ponendo le basi per un dialogo.



Ci siamo però ritrovati, più frequentemente di quanto non pensassimo, di fronte a ragazzi che definivano l'omosessualità "scelta non condivisibile e incomprensibile", "scelta contro-natura", "malattia e deprivazione", "depravazione"... Eravamo soprattutto impressionati dagli apprezzamenti che assai spontaneamente alcuni si sentivano di esprimere: "provo disgusto", "sdegno e repulsione", "mi fanno schifo", "stammi lontano", "sono finti", "sporchi" , "sfigati", "bruciamoli", "fatti loro", "sono fottuti". Predominavano rispetto ad altri interventi del tipo: "anche questo e' amore", "normalità", "rispetto", "sono simpatici", "sono come noi". Nelle classi maschili emergevano, in particolar modo, opinioni negative e atteggiamenti di disagio e di imbarazzo che non favorivano ed a volte non permettevano il dialogo e il confronto. Alcuni chiedevano esplicitamente di evitare l'argomento: "Prof. Basta!", "Ma dobbiamo proprio parlarne?". "Perché non cambiamo discorso?".



L'intento rassicurativo, il timore di mobilitare aggressività difensive difficili da gestire nel gruppo-classe, il desiderio di modificare alcuni atteggiamenti e comportamenti dei ragazzi nei confronti dell'omosessualità, ci ha portato spesso a irrigidirci, ponendoci simmetricamente ad alcune loro resistenze e instaurando in certe situazioni un vero e proprio circolo vizioso. Abbiamo cominciato a incontrare delle difficoltà a dialogare con loro: ci siamo sentiti inadeguati, insoddisfatti e un po' apprensivi nell'affrontare questo tema che all'inizio ci aveva visto così convinti e decisi.



Abbiamo quindi vissuto anche noi, come formatori, un continuo alternarsi di vicinanza e di lontananza, un dialogo dentro di noi e tra noi, alla ricerca di un equilibrio.







SEMPLICE O COMPLESSO?







L'attenzione elevata che avevamo dato al tema dell'omosessualità è evidenziata anche dal fatto di averlo scelto come ambito di verifica dei nostri interventi di educazione sessuale con le quarte superiori.



Le scuole appartengono alle zone 6,19 e 20 di Milano, sono istituti tecnici, professionali e licei, per cui la popolazione rappresentata può essere considerata un buon campione dell'universo giovanile milanese.



Per valutare un loro eventuale mutamento di atteggiamento dopo gli incontri, abbiamo chiesto ai ragazzi, con un test individuale, di scegliere, in 25 coppie di aggettivi contrapposti, quello più adatto alla parola omosessuale. Prima del corso l'omosessuale è risultato soprattutto incompreso, problematico, complesso, emarginato. Inoltre è strano, difficile, diverso, innaturale, ambiguo, molto sensibile. Quest'ultima caratteristica sembra legata da un lato all'emarginazione e alla sofferenza, dall'altro a una automatica associazione a un omosessuale maschio con spiccate caratteristiche femminili. Alcuni hanno associato omosessuale ad aggettivi come brutto, immorale, obbrobrioso, pericoloso, ripugnante, depravato, indecente.



Emerge quindi, al di là dei nostri iniziali tentativi di semplificazione teorica, una elevata problematicità e complessità oltre a una certa dose di preoccupazione verso un comportamento sessuale visto da alcuni come una deviazione, una depravazione e forse anche un rischio, in quanto "è facile essere traviati".



Dopo i nostri incontri, soprattutto in seguito alle modificazioni che abbiamo via via apportato al nostro approccio, i ragazzi assumono un atteggiamento meno giudicante. L'informazione e il confronto, favorendo una maggiore conoscenza del problema, li spingono a esprimersi con una maggiore cautela nei confronti delle persone omosessuali e quindi a riuscire a sospendere il giudizio. Il corso fa divenire le certezze un po' meno certe, sembra aprire nuovi interrogativi e dare più spazio all'ascolto, alla riflessione, al dubbio. Gli aggettivi sensibile e inquieto sono quelli che hanno mantenuto, anche dopo il lavoro, le più alte percentuali, come se la connotazione di un individuo preda delle sue sensazioni emotive rimanesse solida, tuttavia si è ridimensionata notevolmente l'attribuzione di infelicità. L'omosessuale appare un po' meno sensibile e simpatico, ma anche un po' meno insensibile, malato, sporco e certamente meno infelice. I ragazzi sembrerebbero convergere quindi, dopo il corso, verso una posizione che guarda al singolo individuo, alla persona più che ad una categoria astratta ed estranea.



A proposito della coppia di aggettivi "emarginato / integrato", essi, dopo il corso, ritengono la persona omosessuale ancor più emarginata di quanto prima non pensassero: il mutamento della loro opinione sull'argomento non incide su ciò che viene visto come un dato di fatto oggettivo. Sono soprattutto le ragazze che sembrano più consapevoli dell'emarginazione degli omosessuali, dopo averne maggiormente compreso la problematicità e complessità.



Nulla di tanto semplice quindi, anche se ci può far dispiacere: i ragazzi ci hanno aiutato a capirlo.







REGISTI O ATTORI?







Rifacendoci alla metodologia proposta dalla scuola di sessuologia di Firenze, negli incontri con i ragazzi, abbiamo sempre cercato di alternare momenti di informazione da parte nostra a momenti di espressione delle loro preconoscenze, per agganciarci il più possibile al sapere e al contesto socio-culturale dei nostri interlocutori. Essendo tutti concordi sulla necessità di dar parola alla scelta omosessuale come scelta possibile, ogni coppia di lavoro si è ritagliata uno spazio per parlarne con i ragazzi. Chi è rimasto più ancorato a rassicuranti slogan "politicamente corretti", motivato dalla necessità di contrastare l'immagine negativa sociale imperante, ridandole dignità e parola, chi ha cercato di stimolare i ragazzi a entrare maggiormente nel tema, trovandosi però di fronte, come abbiamo visto, a giudizi e valutazioni forti.



Gli incontri con i ragazzi e le loro reazioni ci hanno posto, come si è detto, con frequenza sempre maggiore di fronte ad alcune difficoltà, spingendoci a ridimensionare l'entusiasmo che ci accompagnava e a ripensare l'intervento nelle classi. Abbiamo quindi sentito la necessità di discutere, approfondire e prendere maggiormente coscienza delle nostre emozioni, dei nostri problemi, dei nostri stereotipi.



Ci siamo incontrati con associazioni e gruppi di omosessuali, con altri operatori, abbiamo ampliato lo spazio di riflessione su questo tema nell'ambito della nostra formazione e supervisione. E' proprio qui che abbiamo potuto portare in prima persona, al di là della nostra informazione, formazione e ideologia, gli stessi dubbi, le stesse domande, gli stessi imbarazzi sull'omosessualità, che stavamo riscontrando nei ragazzi. Omosessuali si nasce o si diventa, quali le ipotesi più accreditate? Esiste e in che misura la bisessualità? E i transessuali ? Perché si parla poco delle lesbiche?



Ci è parso quindi di dover rivedere l'impostazione del nostro lavoro a cui ci aveva forse portato una posizione più ideologica, e quindi difensiva, che psicologica, più preoccupata di bonificare e di rassicurare, che di far crescere anche attraverso difficoltà e limiti. Abbiamo visto la necessità di dare all'argomento luci ed ombre, maggiore complessità e forse, paradossalmente, minore sottolineatura. Meno grandi titoli (nati probabilmente per lanciare appelli anche a noi stessi), ci siamo detti, meno enfasi per questo argomento, ma proprio perciò, più attenzione ad esso all'interno di un più ampio discorso sulla sessualità.



La nostra modalità di lavorare su questo tema, come anche su altri, è divenuta più attenta alla scelta delle informazioni da dare, al come renderle il più possibile interattive, oltre che alla relazione e al confronto con i ragazzi. Ci siamo posti diversi interrogativi. Su quali punti ci interessa in particolare mobilitare i ragazzi per partire da ciò che realmente loro si dicono e non da ciò che ritengono giusto e doveroso dirci ? Come attivare oltre al loro sapere anche il loro sentire? Come favorire l'espressione delle loro reali emozioni, paure, difficoltà? Come tutelare e gestire chi, per esibizionismo o bisogno di reale confronto, espone le sue esperienze dirette e non, di fronte ai compagni, o chi viene additato con derisione come "omosessuale" o infine chi di fronte a questo discorso si isola e non vuole parlarne?



Nel tentativo di rispondere a queste domande abbiamo posto più attenzione alle modalità di relazione con i ragazzi, dando importanza non solo ai contenuti, ma anche alla scelta delle parole, alla tonalità, ai silenzi, alle sottolineature, oltre che agli aspetti della comunicazione non verbale, come l'atteggiamento, le espressioni, le gestualità loro e nostre. Più che adulti-modello che calano dall'alto le loro verità, cerchiamo di porci come punti di riferimento aperti alle richieste dei ragazzi espresse, a volte, in modo implicito, seduttivo, provocatorio, mistificatorio. Lavoriamo sempre in due, a volte anche in tre. In tal caso uno di noi si pone come osservatore, più libero di cogliere le dinamiche che si attivano nel gruppo e l'interazione che va costruendosi tra noi e i ragazzi. Può essere importante tenere sott'occhio, per meglio gestirle, le loro diverse reazioni: disorientamento, collaborazione, svalutazione, ironia, aggressività. Spesso, come già accennato, alcuni manifestano una certa intolleranza al tema dell'omosessualità che può inibire la classe nell'espressione di idee, pensieri, commenti, richieste di chiarimento. Tentiamo sempre di utilizzare positivamente gli interventi, anche se apparentemente futili e inconsistenti, facendo emergere le capacità emotive e di riflessione, nel rispetto dei diversi punti di vista, con l'intento di sgombrare il campo dai giudizi morali.



Lavoriamo anche nel tentativo di far sentire certi stereotipi come "gabbie" per sé e per gli altri, che impediscono di esprimere il proprio essere persona, nella propria originalità, al di là del proprio essere maschio o femmina, e del proprio oggetto d'amore. Riflettiamo con i ragazzi sul fatto che viviamo in un'epoca storica in cui è possibile modificare e reinterpretare le varie componenti della particolare miscela di cui si compone l'identità personale maschile e femminile come il sesso biologico, il genere, l'orientamento sessuale e il ruolo.



Puntiamo molto sulle nostre capacità di metterci in gioco e di ascoltare empaticamente, utili a raccogliere quella che ci sembra essere la richiesta più emergente dei ragazzi: l'essere ascoltati e compresi all'interno di una relazione rispettosa e accettante.



Dal punto di vista dell'organizzazione del lavoro preferiamo ora utilizzare stimoli più aperti alle libere associazioni. Parlando di omosessualità cerchiamo di non circoscriverne la trattazione, affrontandone anche la problematicità e la conflittualità. Ne parliamo ogni volta che tocchiamo altri temi come la definizione di sessualità, la coppia, i ruoli sessuali etc. Parliamo meno in astratto di omosessualità e più in concreto di persone omosessuali, uomini o donne, il che ci appare più complesso e impegnativo, ma sicuramente più ricco e stimolante. E proprio la difficoltà che molti ragazzi hanno espresso ad avvicinarsi, comprendere, parlare con chi viene comunque sentito come "altro da sé", ci ha rinforzato sulla necessità di parlare dell'altro come persona, indipendentemente dai percorsi di vita che si sceglie, piuttosto che dell'omosessualità come fatto di costume. E ciò per facilitare l'accettazione dell'altro, diverso, non conforme a sé, senza che questo debba generare intensa paura, né voglia dire aderire a un modello, poiché l'altro non deve essere, necessariamente, come me, né io come lui. Inseriamo ad esempio in una serie di diapositive coppie eterosessuali, omosessuali maschili e femminili, di innamorati o di amici, chiedendo un commento alla classe. Oppure apriamo il discorso sulla parola "coppia", partendo dalla definizione dell'OMS: "La sessualità è un bene della persona che si può vivere anche in coppia…", chiedendo ai ragazzi quali coppie vengano loro in mente.



Il nostro obiettivo quindi è divenuto via via meno pedagogico, nel senso di voler far cambiare atteggiamenti e comportamenti, e più psicologico, nel senso di voler prima di tutto aiutare a dare significati ai propri modi di essere e di pensare. Da una parte cerchiamo di dare spazio e senso alle paure, preoccupazioni, desideri e difese di ognuno su questo argomento, proprio perché non le abbiamo rimosse noi per primi, dall'altra cerchiamo di sostenere anche i ragazzi omosessuali ad assumere la loro identità, distinguendo l'identità di genere dall'orientamento sessuale, che diventa appunto uno degli aspetti della persona. Ogni persona eterosessuale o omosessuale che sia, deve compiere per crescere un percorso interiore assai complesso e faticoso. Per i maschi, come abbiamo visto, può darsi che il processo di identificazione nel ruolo maschile possa in certi momenti portare a prendere in modo molto difensivo le distanze da chi è vissuto come non uomo. Per chi si riconosce omosessuale si tratta poi di fare i conti con maggiori complessità determinate da senso di colpa, vergogna, paura di essere preso in giro, necessità di isolarsi, di nascondersi, di difendersi, a volte esibendosi provocatoriamente, come reazione ad una società poco accettante le diversità.



Le reazioni e le risposte dei ragazzi si sono modificate nel tempo di pari passo, ci pare, al nostro cambiamento.



Riteniamo significativo ad esempio che invece di discussioni troppo "corrette" o troppo "oppositive" tra noi e loro, possa uscire da una classe delle superiori , su richiesta di formulare un interrogativo difficile sulla sessualità che non si è mai osato esprimere, un bigliettino che dice: "Perché esistono ancora gli stereotipi sull'omosessualità?" Forse è importante che esca questa sorta di "grido di dolore", espresso anonimamente e tutelato in ogni caso dal nostro dire che questa domanda potrebbe essere in ognuno di noi anche a proposito di altre nostre caratteristiche sentite come diverse. E' importante che permetta un confronto e varie riflessioni che lo tengano in vita, piuttosto che un'unica risposta che lo faccia tacere sia pure in modo rassicurante. E' un buon segno anche un lapsus di uno di noi che, parlando di "coppia normale, cioè un ragazzo e una ragazza", si sente cosi' libero da spiegare ai ragazzi la sua frase come dettata da una possibile ambivalenza, con cui ognuno deve presumibilmente fare i conti, perché comunque impregnato di pregiudizi personali, sociali, culturali.



Man mano che anche dentro di noi è cresciuto lo spazio di accoglienza per la complessità del problema, man mano che ci siamo sentiti più attori e non soltanto registi, abbiamo potuto proporre anche ai docenti un percorso che parte dall'accettazione della difficoltà di parlare di questo tema con se stessi, tra loro e quindi anche con i ragazzi. Abbiamo potuto ad esempio chiedere loro di esprimere su un foglietto individuale e anonimo: "Che cosa mi è facile e che cosa mi è difficile accettare dell'omosessualità", autorizzando quindi l'espressione da parte di tutti non solo del loro dover essere, ma anche delle loro paure, preoccupazioni, dei loro pregiudizi.







SE UN TUO AMICO TI DICESSE...







Il nostro cammino ci ha dunque portato da posizioni lontane e visioni semplificate a maggiore vicinanza e complessità, da registi e dispensatori di un "corretto" sapere ad attori emotivamente più coinvolti. Anche i ragazzi hanno di pari passo compiuto un percorso "emozionale", che va da una certa distanza emotiva a una maggiore vicinanza, coinvolgimento e identificazione personale. Dalle loro risposte al questionario Vero/falso, che in un primo tempo molti di noi hanno privilegiato come strumento interattivo, emerge un'immagine di separatezza tra etero ed omosessualità che il 62% definisce due mondi del tutto diversi. Per oltre l'80% poi, il coito anale è la pratica più diffusa tra gli omosessuali, il che fa pensare a un'associazione con la penetrazione e quindi a un riferirsi soprattutto all'omosessualità maschile, che forse appunto è la più visibile, la più dicibile. Quando invece abbiamo chiesto ai ragazzi: "C'è una scatola con su scritto "omosessualità"- Cosa ci metteresti dentro?", i pensieri più ricorrenti alludono ai concetti di scelta e di percorso individuale, rispetto a cui raramente rimangono neutrali: spesso prendono posizioni, esprimono emozioni, cercano motivazioni. Alcuni segnalano che è un percorso di minoranza: "Il ritrovamento di una identità soggettiva, che non rispecchia i pensieri della maggioranza e che quindi viene guardata con diffidenza..." Per molti è una scelta non condivisibile, incomprensibile: "non posso immaginare cosa ci sia dentro, io non l'aprirei". Per altri una distorsione, una deviazione da correggere, una scelta contro natura che ha in sé il limite della non fertilità: "Uno squilibrio tra corpo e spirito" - "Una cosa che non ho mai concepito; vorrei avere un incontro per fargli capire quanto è bello il sesso opposto al suo". Per altri ancora è l'espressione di un malessere psicologico: "E' una scelta di chi ha rapporti difficili con gli altri, di chi ha avuto infanzia e adolescenza difficili" - "E' una scelta che uno fa per compensare le sue esigenze" D'altra parte la versione più moderna del concetto di "malattia" o deprivazione è ancora molto in uso anche tra alcune scuole di pensiero psicologiche e psichiatriche!



Infine per alcuni: "è uno scambio d'amore", "un modo nuovo di provare emozioni", "un modo per soddisfare le proprie fantasie".



Quando abbiamo potuto permetterci di fare richieste più coinvolgenti, che portano a una maggiore identificazione da parte dei ragazzi, come quella di scrivere una storiella avente come protagonista una persona omosessuale, o quella di esprimere ciò che si proverebbe se un amico confidasse la propria omosessualità, le risposte sono state più ricche, intense, articolate, permettendo, di conseguenza uno scambio più profondo.



"Giovanni, resosi conto del suo sentimento verso Sergio cerca inizialmente di combatterlo, pensando sia un grave problema, poi si arrende alla passione e comincia una felice storia d'amore".



"A Michele un uomo, all'uscita dalla discoteca, fa una proposta; lui prima rifiuta, poi cede e capisce di provare un immenso piacere; capisce così per caso la sua vera natura".



"Maurizio a 27 anni, accetta la sua omosessualità quando si rende conto di non poter più andare contro alle sue stesse esigenze". Quando la storia isola i protagonisti dal resto del mondo ed è focalizzata solo su di loro, è una storia di scoperta, che sorprende, può far paura e all'inizio si cerca anche di combatterla. Superato lo shock iniziale, apre però una nuova consapevolezza che può portare a un incontro di forte piacere, passione , felicità, anche se spesso implica fatica, elaborazione in un tempo non sempre breve. Emerge finalmente anche il femminile: "In una crociera due donne (stilista e modella) capiscono di avere molte cose in comune, si frequentano e una sera dopo aver cenato insieme, trovano il coraggio di dichiarare i propri sentimenti e le proprie passioni".



A volte la paura può produrre una vera e propria fuga: "Un giorno Alfonso, seduto in tram è attratto da un ragazzo dall'aspetto impaurito. I due iniziano a parlare, Alfonso stupito dalle sensazioni che gli suscita il ragazzo d'impulso scappa e scende dal tram".



L'accettazione personale passa spesso da un percorso di isolamento reale, come se solo la lontananza oggettiva, la liberazione da legami e vincoli quotidiani, da pressioni e condizionamenti esterni, potessero permettere all'individuo di capire sé e i propri desideri.



"...decise di scappare in Olanda e di provare in assoluta libertà e anonimato un'esperienza sessuale con un uomo...tornò in Italia col compagno e decise di rivelare a tutti la loro natura".



"scoperto che l'uomo non può procurarle ciò che lei desidera e che prova sensazioni piacevoli e soddisfacenti con persone dello stesso sesso, ne rimane sconvolta... oppressa decide di lasciare il suo ambiente, andare in città... dove trova amici che la aiutano".



Quando compare l'ambiente esterno, questo pesa, denigra, isola, emargina. L'impatto con la società fa soffrire e spinge a mantenere il segreto. Se si viene scoperti si subiscono pene a volte molto gravi. Può essere necessario espiare la propria colpa con azioni sacrificali per poter recuperare una sicurezza che consenta di ignorare le opinioni altrui.



"G, scoperta omosessuale, viene emarginata da tutto il paese: esternare i veri sentimenti spesso significa soffrire... due anni dopo muore di cancro".



"Omosessuale per non essere esonerato dalla società cerca di aiutare gli altri prestandogli soccorso".



"Max cerca di tenere nascoste le sue tendenze omosessuali, scoperto con un collega mentre praticano atti di libidine in bagno, vengono sospesi dal lavoro. Sentendosi umiliato e abbandonato da tutti tenta ripetutamente il suicidio. Lentamente riesce ad accettare la sua situazione e riallaccia i rapporti".



Il segreto deve rimanere tale anche tra le mura domestiche:



"Sasà riceve una telefonata, la madre risponde: "E' Mary". Sasà corre ansioso al telefono. "Mary come va?" "Tutto bene, tua madre sta ascoltando?" "No, tranquillo MARIO, se ne è andata!".



Quanto alle motivazioni, il desiderio di vicinanza con le persone dello stesso sesso nasce spesso da rapporti insoddisfacenti e non appaganti con mogli, mariti, partner. A volte è un rifugio in seguito a violenze subite da parte di adulti in età infantile. Gli ambienti presenti nelle storie sono molto spesso moda, televisione, pubblicità e i lavori sono truccatore, fotomodello, ballerino, architetto, secondo i più comuni stereotipi. Spesso si narra di forti passioni, possessività, violenza. "Innamorato di un ragazzo più giovane, non viene corrisposto: l'altro è innamorato di una ragazza; allora violenta la ragazza perché invidioso dei due e sapendo di non poter avere nemmeno lui, lo uccide".



Comunemente la situazione in cui tra amici ci si confida un segreto avvicina molto, nasce intimità, intensità emotiva, profondità. Tuttavia la comunicazione di questo tipo di segreto sembra in un primo momento sortire l'effetto opposto. Suscita emozioni troppo forti di imbarazzo, disagio, dispiacere, incomprensione, senso di tradimento. Anche perché gli amici di un omosessuale sono soggetti a critiche, secondo la legge che si è simile a chi si frequenta.



"Fabio e Marco sono cresciuti insieme. In adolescenza Fabio scopre di essere omosessuale; i due continuano a frequentarsi, ma nel loro gruppo di amici molti ritengono che anche Marco sia omosessuale..."



Spesso si tende ad allontanarsi dall'amico oppure si mette in atto un atteggiamento di cura: "lo convincerei a cambiare", anche se non mancano esempi di curiosità e di accettazione.







NE' GHETTO NE' PARADISO







Comunicare ai ragazzi che ogni percorso di identità comporta solitudine, difficoltà, frustrazione e confronto con il limite, poiché ognuno è unico e irripetibile perciò diverso, ci sembra importante, ma ci sembra anche di dover esplicitare che relazioni omosessuali, che riguardano una minoranza di persone, comportano intrinsecamente un confronto con una diversità rispetto a una cultura secolare e a degli stereotipi ancora molto radicati, magari anche a partire da un'età in cui non sentirsi per qualche verso come gli altri è di solito piuttosto traumatico.



I ragazzi stessi, come abbiamo tentato di raccontare - ed è stato importante per noi ripercorrere queste tappe -, ci hanno insegnato a restituire al problema il suo spessore, senza banalizzarlo nè drammatizzarlo. Anche nella società più tollerante resterà probabilmente per l'omosessuale la difficoltà di accettare se stesso. La libertà interiore non si chiede agli altri, ma si cerca a volte anche in solitudine. Ci pare questo un messaggio valido per tutti, per educare appunto ciascuno a se stesso. Un messaggio di sostegno alla crescita di ragazzi sia eterosessuali che eventualmente omosessuali.



Pensiamo infatti che questi ultimi siano in particolare da sostenere nel loro percorso costituito da diversi momenti: il dubbio, lo smarrimento, il riconoscimento, l'eventuale orgogliosa esibizione e il necessario ridimensionamento del proprio orientamento sessuale, come uno degli aspetti della propria personalità, così come qualcuno di noi ha potuto cogliere, incontrandoli individualmente in altri contesti, quali ad esempio gli sportelli nelle scuole superiori o l'ambito clinico.



Ma non somiglia questo anche al percorso del nostro gruppo? Non siamo anche noi passati dal dubbio, a una certa esibizione delle nostre raggiunte certezze, faticosamente conquistate, a un loro ridimensionamento? Queste ed altre revisioni del nostro lavoro nella stessa direzione ci hanno allontanati dagli slogan rassicuranti, che ci avevano portato a prendere un po' le distanze dalla realtà e quindi anche dai ragazzi, inaridendo a volte un dialogo ed un incontro emotivo da noi tanto auspicato.



La nostra crisi e quindi il nostro cambiamento, che continua a cercare vie concrete e praticabili, ci sembra sia possibile grazie allo spazio mentale di gruppo ed all'apporto di una supervisione costante, che accoglie e dà significato alle esperienze che ognuno di noi compie nelle classi. Il gruppo, eterogeneo per identità' professionale, formazione, esperienza lavorativa, sesso, personalità e anche nazionalità, è divenuto, non senza fatica, capace di accettare i nostri dubbi e i nostri disagi, nati e sofferti nell'incontro con opinioni, reazioni, valutazioni dei ragazzi, anche di elaborare nuovi pensieri. Ci sembra di essere costantemente in un percorso, non sempre agevole, di "educazione alla diversità" e quindi a noi stessi.
JeSSiKiNa
2006-07-30 09:06:36 UTC
concordo PIENAMENTE con pupanap
Lelexxx
2006-07-29 21:00:18 UTC
ma perchè hai inserito la stessa domanda 5 volte? facendo così sparpagli le risposte..

ho già risposto sull'altra.. e controlla come si scrive omosessuale..
2006-07-29 20:19:01 UTC
Prima di fare domande complesse controlla l'ortografia.
pippi042000
2006-07-31 18:53:47 UTC
io penso che a questo mondo esitono uomini, donne , e gay

solo che nessuno che ha un sesso definito ( definito per i canoni delle persone normali) non accetta le diversita' anche perche sono in minoranza!
♥VASCOLISTA♥
2006-07-29 21:01:58 UTC
una domanda del genere non merita nemmeno una risposta
annak_d_dvd
2006-07-29 20:23:44 UTC
quanti pensano ke ki crede ke l'omosessualita sia 1 malattia, è malato??
alex i
2006-07-29 20:19:34 UTC
ovviamente no


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